Stupri di guerra, fermiamo l’orrore
E’ apparso oggi, venerdì 20, sulle pagine di La Stampa l’articolo del Ministro degli Esteri William Hague e Angelina Jolie, inviata speciale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Dalla Siria fanno il giro del mondo ogni giorno notizie di nuovi orrori. Come confermano le Nazioni Unite, si stupra per terrorizzare e punire donne, uomini e bambini, durante la perquisizione di abitazioni e nel corso di interrogatori, ai posti di blocco e nei centri di detenzione e nelle carceri di tutto il Paese.
L’ultimo straziante rapporto della Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite descrive lo stupro di una donna, poi costretta a cucinare e fare le pulizie per i suoi aguzzini, sotto la minaccia che i suoi figli sarebbero stati uccisi. Racconta la vicenda di una studentessa universitaria violentata perché suo fratello era ricercato dal governo. Queste storie sono solo la punta dell’iceberg. La paura, la vergogna e la pura e semplice lotta per la sopravvivenza fanno sì che molte vittime non osino denunciare quanto hanno subito.
La violenza sessuale è stata usata come arma di guerra in quasi tutti i più gravi conflitti degli ultimi decenni, dalla Bosnia al Ruanda. Lo stupro è utilizzato deliberatamente come tattica militare, mirata al raggiungimento di obiettivi politici: umiliare avversari politici, cacciare o assoggettare un diverso gruppo etnico, o terrorizzare e spingere alla resa un’intera comunità. In alcuni conflitti lo stupro è utilizzato persino per trasmettere l’HIV alle donne, o per ferirle così gravemente da impedire loro di avere figli.
Lo stupro viene utilizzato perché è facile da nascondere e perché colpisce i più deboli. Nel corso della nostra visita nella Repubblica Democratica del Congo abbiamo incontrato una madre la cui bambina di cinque anni aveva subito violenza. Quella bambina è troppo piccola per far sentire la propria voce, ma la sua sofferenza e quella di milioni di vittime in tutto il mondo dovrebbero rappresentare un appello ad agire.
A livello mondiale si è giunti alla stipula di trattati per rendere illegale in tutto il mondo l’uso delle bombe a grappolo e delle mine anti-uomo, e per combattere il traffico illecito di armi. Sono tutti accordi un tempo considerati impossibili, e nati da una condanna morale che ha rappresentato poi lo stimolo per un’azione globale. È ora di agire nello stesso modo per fermare lo stupro e la violenza sessuale nelle zone di guerra.
Il nodo del problema è rappresentato da una radicata cultura dell’impunità, con pochissimi procedimenti giudiziari intrapresi per le decine di migliaia di stupri commessi in un singolo Paese. Gli uomini che stuprano i prigionieri nei centri di detenzione in Siria pensano che se la caveranno, perché è quello che la storia insegna. Un altro fattore particolarmente grave è la mancanza di sostegno a lungo termine per le vittime, che devono affrontare una vita intera di esclusione sociale, malattie e traumi, oltre a tutta la sofferenza inflitta loro dagli aguzzini.
Abbiamo deciso di promuovere insieme una campagna su questo tema perché entrambi abbiamo avuto modo di osservare la devastazione che la violenza sessuale opera nella vita delle vittime e delle loro famiglie. Vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di un intervento immediato. E chiediamo ai governi di tutto il mondo di unirsi per sradicare questo fenomeno in modo assolutamente prioritario.
Abbiamo avviato la nostra iniziativa lo scorso anno, e siamo grati per la risposta ricevuta da tanti Paesi. Lo scorso aprile a Londra i Paesi del G8, compresi i nostri, hanno preso lo storico impegno di occuparsi di questo fenomeno. A giugno il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità una Risoluzione che rafforza gli strumenti di intervento a disposizione dell’ONU. 45 membri delle Nazioni Unite hanno dimostrato il loro sostegno patrocinando congiuntamente la Risoluzione – un record per la storia recente.
La prossima settimana avrà luogo a New York l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che è come ogni anno il più grande incontro di leader mondiali. Nel corso dell’Assemblea, il 24 settembre, sarà presentata una nuova “Dichiarazione d’impegno a porre fine alla violenza sessuale nei conflitti”, elaborata insieme al Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell’ONU sulla violenza sessuale e a una dozzina di Paesi europei, africani, asiatici e del Medio Oriente, i cui leader hanno coraggiosamente accettato di farsi paladini assieme a noi di questa causa. La Dichiarazione darà a tutti i Paesi del mondo l’opportunità di mettere in chiaro la loro posizione su questo tema.
I Paesi che hanno sottoscritto la Dichiarazione concorderanno, per la prima volta, che la violenza sessuale nei conflitti rappresenta una grave violazione delle Convenzioni di Ginevra e del I Protocollo aggiuntivo. Questo vorrà dire che chi è sospettato di aver commesso tali reati potrà essere arrestato ovunque si trovi nel mondo.
La Dichiarazione contiene un impegno a non consentire che gli accordi di pace prevedano delle amnistie per i reati di violenza sessuale, così che non si possano più nascondere questi crimini sotto il tappeto e che i vertici militari comprendano che i responsabili saranno chiamati a rispondere delle proprie azioni.
La Dichiarazione contiene l’impegno perché entro la metà del 2014 sia pronto un nuovo Protocollo Internazionale, anche grazie al quale le prove presentate possano reggere l’esame della corte, si possa fare giustizia per un numero maggiore di vittime, e si pongano la sicurezza e la dignità delle vittime al centro delle indagini su stupri e altri reati sessuali nelle zone di guerra.
La Dichiarazione prevede inoltre disposizioni sulla partecipazione delle donne, la protezione dei rifugiati e l’addestramento delle forze armate nazionali e della polizia. I firmatari si impegneranno a considerare prioritaria la tutela dalla violenza sessuale in tutti i loro interventi umanitari e nei conflitti, e a contribuire a rafforzare la capacità di risposta dei Paesi più a rischio per questo tipo di violenza.
Riteniamo si tratti di interventi che tutti i membri della comunità internazionale dovrebbero essere in grado di sostenere. Ci auguriamo quindi di ricevere l’adesione della maggior parte dei governi del mondo, e di poter lavorare insieme per mettere in pratica gli impegni presi. Se avremo successo, ciò potrebbe segnare un punto di svolta nell’approccio internazionale allo stupro e alla violenza sessuale e, finalmente, l’inizio della fine dell’impunità.
Ci sono molte altre ingiustizie con cui il mondo deve confrontarsi. Ma lo stupro e gli abusi commessi su centinaia di migliaia di donne, uomini e bambini non possono essere più tollerati. Ci auguriamo che i popoli di tutto il mondo si uniscano a noi per far sentire la propria voce.